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La parola di Marrani lacera la pagina con invenzione esatta e spietata, come la pennellata dei grandi maestri o l'unghiata del predatore. Questo poeta talentuoso e originale non cerca l'apriori delle teorie né l'alibi dello spontaneismo, ma lavora a partire dall'esperienza, con abnegazione di vero artista. I suoi versi icastici e laconici gettano sulle stanze del vissuto la luce millimetrica di un'interrogazione senza sconti attorno alle cose prime e ultime. Al centro del suo rovello è la ferita ancestrale dell'esistenza, la vertigine di essere figlio e padre in un mondo che nega il suo senso. Per dirlo, il poeta si forgia una lingua scabra e corposa, senza 'effetti speciali', in cui ogni termine pesa come pietra; accesa da fosche visioni che contorcono la realtà in una maschera grottesca. Così che autore e lettore possano precipitare insieme, inermi, nel dolore, nello stupore, nella gioia cieca e feroce della vicenda umana.